venerdì 13 maggio 2016


Non avrei voluto affliggere con l'ennesimo post in tema omosessualità. In considerazione però, delle reazioni isteriche di buona parte dei vescovi, dei soliti ambienti della destra fascista e dei noti Giovanardi, Gasparri etc. penso sia necessario chiarire, una volta per tutte, quale impatto positivo avrà la legge, approvata ieri, su chi, da sempre, era soggetto alla gogna. Lo farò dalla mia posizione privilegiata di etero, una condizione ricevuta alla nascita, senza nessun merito personale, come, senza alcuna colpa, altri nascono omo. 
Credo di essere il più anziano frequentatore di questa pagina, quindi in grado di raggiungere un passato precluso ad altri, per cui nella possibilità di descrivere in quale condizione erano obbligati a vivere lesbiche e omosessuali maschi. Il lesbismo, era vissuto sottotraccia, senza mai emergere in modo palese. Anche i discorsi al riguardo dissolvevano allusioni e sorrisini nella certezza della guarigione al primo contatto con la mascolinità di un marito. Altro trattamento, era riservato a "quelli là", versione gentile del popolare "Cupiu", il corrispettivo piemontese di frocio.
Non sto a ripetere perché, già da ragazzo, mi ero occupato di omosessualità in seguito a due storie di vita tragicamente vissute, limiterò il discorso alla condizione obbligata di un omosessuale, in parte immaginata in altro reale. Incomincio dal reale. Un coming out, era inimmaginabile, l'omosessuale, quindi, viveva la propria sessualità nascosta, l'avesse svelata rischiava di essere interdetto, se ragazzo, dalla famiglia, il minimo. L' intermedio era rappresentato dalla cacciata di casa. Il massimo dal ricovero, a vita, all'interno d'una clinica psichiatrica, come successe al fratello di mia nonna. Anche nascondendosi, il ragazzo omo, poteva tradirsi con gli amici, i compagni di gioco, a scuola, all'oratorio e veniva subito dileggiato, messo nell'angolo, picchiato. Peggio se confessava il suo stato al prete, o incontrava il pedofilo o il censore, con il secondo, un mio conoscente, era arrivato al suicidio. E da adulto? Sul lavoro, poteva incontrare il licenziamento, senza potersi opporre, un padrone di casa poteva chiedergli di lasciare l'alloggio d'imperio, non poteva permettersi una vita sentimentale libera, aveva luogo d'incontro nei parchi, , nelle ultime fila di certi cinema, nelle latrine dei medesimi e nei cessi pubblici. Ma da fantasma pronto a sparire al primo pericolo di aggressione. 
Già, le aggressioni. 
Avvenivano il sabato, per lo più, comunque sempre la sera, gruppi d'amici da bar, organizzavano spedizioni punitive nei luoghi frequentati dagli omo, ne isolavano uno e lo picchiavano in gruppo. Oppure, prima lo adescavano fingendosi a loro volta omo, poi una volta nel luogo prestabilito lo massacravano dopo averlo rapinato. Insomma, un omosessuale era il paria della società, quello che non meritava rispetto, che non possedeva il diritto di vivere i propri affetti, che non poteva denunciare i soprusi, pena la gogna pubblica e delle forze dell'ordine, un essere privato della dignità di umano, che non meritava rispetto nemmeno da vittima. 
Tempo fa, avevo provato a immaginarmi in quelle vesti, ne ero uscito subito in ragione del mio carattere. No, non avrei subito, mi sarei difeso, fino a uccidere.

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