giovedì 21 aprile 2016

Pesce in scatola(non è una battuta)

Dovrei smettere, ma non lo farò, d'informarmi. La Tv a casa mia è già assente, abito pressoché isolato dalla folla, quindi potrei crearmi la perfetta condizione dell'eremita, rinunciassi alla radio, al web e alla lettura dei giornali. Siccome però, sono squinternato, leggo, ascolto,bazzico sul web e mi deprimo. Limitassi la voglia, di sapere e conoscere, ai fatti spiccioli di cronaca, sport e previsioni sul tempo, vivrei beato nel regno della Beozia. Sarà a causa dello squinternamento, ieri, oltre a raccogliere le consuete notizie riguardanti l'ISIS, la migrazione, fatti e fattacci di casa, europei, anche mondiali (non mancano mai) ero caduto sulle pagine interne di Repubblica, Pochi paragrafi, e mi si erano seccati i testicoli. Non servono più a procreare(causa età)ma per riflesso condizionato. Improvvisamente procreare altri esseri umani, m'era parso una condotta criminale. Nel servizio giornalistico, era descritto l'uso di schiavi nella pesca del pesce in Atlantico. Pensare sia possibile, ed è possibile perché si fa, schiavizzare migliaia di poveri pescatori, per anni, in condizioni di lavoro sotto umane, mi aveva fatto sorgere istinti omicidi. Mi chiedo, siccome le compagnie che allestiscono i convogli di navi, sono note, ed anche le industrie per l'inscatolamento del pescato collegate, sono altrettanto note, come sia stato possibile, in anni e anni, dover attendere l'inchiesta di quattro giornaliste(ora premio Pulitzer) perché uno scandalo del genere venisse alla luce? Lo scatolame, presente su tutte le scansie dei più noti supermercati, certamente l'abbiamo acquistato tutti e, il contenuto mangiato. Mi auguro venga disertato da tutti, d'ora in poi, perché il rischio da correre, continuando a consumare quel cibo, non è rappresentato dall'eventuale lisca di pesce, ma di mangiarsi, insieme al tonno in scatola, la vita di uno schiavo.

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