Non dovrei nemmeno, spiegare perché, nella serata di ieri, avessi diffuso cinque o sei sciocchezze, sulla mia pagina. Ma tant'è, seppure fosse evidente lo scopo, spiego ugualmente.
Non mi posso definire "veterano di Facebook", l'ingresso attivo era avvenuto, circa due anni fa, in ragione dell'uscita del mio libro, subito però, mi ero accorto della preziosità dello spazio che offriva alla voce di chiunque. Pur conoscendo la sentenza di Umberto Eco: I social hanno permesso a tutti gli imbecilli di dire la sua, avevo pensato che, sì è vero, però lascia spazio anche a chi imbecille non è. Il primo post, da me scritto, era in memoria di Giorgio Ambrosoli, l'avvocato milanese ucciso dal killer inviato dal mafioso Michele Sindona e per stigmatizzare il giudizio di Giulio Andreotti: se l'è cercata. In seguito, gli argomenti trattati, erano volti a commentare fatti diversi, tutti però di carattere sociale. Il problema di chi migra in cerca di futuro migliore, la parità di genere, tutt'ora negata alle donne, la nascita del califfato e le conseguenze connesse, il declino della Comunità Europea, il fenomeno diffuso della pedofilia, la morte in mare di bambine e bambini, minimo due al giorno, in ultimo, trattato con frequenza, perché di carattere attuale: la pari dignità nei diritti, da riconoscere alle persone omosessuali.
Può apparire bizzarro, mi spenda su certi temi, non essendo certamente, né donna, né bambino, né migrante, in quanto all'omosessualità, ho già chiarito, non sono omosessuale, libero chiunque però, di pensare il contrario. Invece una cosa è certa: al 99% delle persone dei miei scritti frega nulla, impegnate come sono a osservare il tratto più comune a tutti: l'ombelico proprio.
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