Avevo evitato, di proposito, nel post di oggi, di calare i pezzi da novanta, uno però, me lo concedo in anticipo: la mancanza di preveggenza, riferita alla questione: olio di oliva. In radio, sui giornali on line, domani sul cartaceo, penso anche in televisione(si sa, non la vedo)qui sui socia, una serie di proteste e di proposte di boicottaggio, hanno diffuso la percezione del pericolo di vedere il supremo condimento, inquinato dagli oli tunisini. Il pericolo esiste, ma esisteva già in precedenza. Sui banchi dei supermercati, e non solo, di olio d'oliva taroccato ne viene offerto a migliaia di tonnellate.Ma non è questo il punto da discutere, è la questione tunisina.La Tunisia è in ginocchio, sotto attacco del ISIS, la sua risorsa principale, il turismo, dimagrita all'osso, ma la Tunisia è anche altro, è l'unico baluardo, in Africa, di democrazia compiuta, nostro alleato leale, ha bisogno di sostegno finanziario. Ora, in seguito agli attentati al museo e al resort, alla Tunisia rimangono le risorse agricole, perciò protestare per la vendita del suo olio, è mancanza di preveggenza. Fallisse, la Tunisia, diverrebbe come la Libia un bacino di coltura Jihadista. Conosco l'obiezione: parli così, perché non sei produttore di olio d'oliva. Vero, lo consumo però, e tengo di consumare quello genuino. Quindi il problema deve essere la vigilanza a che, gli oli, non vengano mescolati. E quello spetta a noi. Per quanto mi concerne, ben venga un aiuto alla Tunisia.
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