giovedì 18 agosto 2016

Tormentone Burkini.


Burkini o burqini, ignoro quale dei due termini sia giusto per descrivere l'abbigliamento femminile, dalle donne musulmane indossato per bagnarsi. Letto nella prima accezione, sembra essere la fusione fra burka e bikini. Non ho voluto indagare, né su Wikipedia o altro sito saccente, l'origine e l'autore del neologismo, perché posso immaginare, da solo, il sorriso soddisfatto(e beota)di chi se lo è inventato. A parte la valutazione di "brutto", il neologismo ha scatenato più discussioni di un ipotetico Juventus-Inter, l'evento calcistico definito Derby d'Italia, con un paio di goal fasulli e tre rigori farlocchi. Ministri, primi Ministri, vari esponenti politici, cui si sono aggiunte grandi firme giornalistiche, sociologi di fama e filosofi vari, hanno detto la propria o si apprestano a dirla. Mentre a me del burkini o burqini importa nulla in sé. Mi recassi al mare e mi capitasse di vedere una donna tutta coperta bagnarsi, non ferirebbe il mio senso estetico, già ben sofferente per altre visioni(ad esempio un vecchione come me, in costume da bagno)ma ferirebbe il mio animo, ne sono certo, il pensiero di uomini(ignoranti)con il timore fisso di non potersi contenere alla vista di pelle femminile nuda, perché in fondo di ciò trattasi il divieto coranico che impedisce alle donne di vivere la propria libertà, anche di pelle. Ma è divieto solo coranico? Ennò, quando ero infante, le donne italiane, anche se non tutte, si bagnavano con una specie di gonnone, che le copriva da testa a piedi, in luoghi separati da quello occupato dal predatore maschio. Ridicolo? Essì, ma adesso. Per chiudere esprimo la mia ricetta per cambiare la condizione femminile nei Paesi musulmani(e non solo): non saranno né i divieti né l'indignazione lo stimolo al cambiamento, bensì la sottolineatura del ridicolo di certe regole religiose dettate quando l'umanità conosceva di sé, poco più del terreno sotto i propri piedi. 
Credo che, molte donne di quel mondo, l'abbiano già capito. E noi?

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