giovedì 22 settembre 2016

Ultima riflessione sulla sessualità.


Per completare il discorso sulla sessualità, aggiungo un raccontino preceduto dalla riflessione: cos'è un adolescente maschio? Un ibrido, sovente afflitto dai brufoli e caricato di un compito pesante, benché generato dal modo stupido di educarlo alle sue future responsabilità di maschio. Ancora prima di sapersi vestire da solo, lavarsi da solo, addormentarsi senza la favola raccontata da mamma, soffiarsi il naso in tempo, prima di vederlo gocciolare, quindi ancor prima di sapere a cosa serve, oltre alla pipì, il pendaglio che gli ciondola all'inguine viene continuamente ammonito con: Non fare la femminuccia, quando sarai cresciuto diventerai il capo famiglia e, un po' più cresciuto: mi sa che ti sei fatto la fidanzatina. Guai a piangere, lamentarsi per il ginocchio sbucciato, non aspirare alla gloria sportiva, se calcio: ottimo, se basket: un po' meno, ginnastica artistica: già fa torcere il naso ai genitori, pessima scelta: la danza, che pure in fatto di esercizio fisico vale cento volte il calcio. L'alpinismo andrebbe bene, ma lì, quasi tutti i genitori, tremano nel timore di perdere il coccolo. Tutta questa pressione genitoriale, obbliga l'adolescente a darsi da fare per apparire più maschio del dovuto. Poi ci si mette la scuola, dove deve competere in mascolinità con i compagni, già alle medie inferiori e, peggio, quando fa il salto nelle superiori. Già afflitto da una tempesta ormonica che gli sconvolge il fisico e i desideri, deve fare di tutto per non dare motivi di sospetto, cioè pendere all'omosessualità. Perciò esagera e commette errori marchiani, come quello che, dalla riga successiva, racconterò. 
Ero reduce dal secondo infortunio alla coscia destra, uno strappo al quadricipite femorale, mal curato e mal guarito. Ciò m'impediva di aspirare alla carriera calcistica nelle serie superiori, dopo aver militato nell'allora serie C. Non impediva però, di cimentarmi nella squadretta del rione. I compagni erano tutti di età superiore alla mia: 16, ma non di troppo, un paio d'anni. Le vanterie su conquiste femminili, facevano regola all'andata e al ritorno dal posto dove si andava a disputare con gli avversari. Fra noi, si distinguevano in quattro, ma il campione era solo uno: Maurizio. Pessimo terzino al calcio, pareva un centrattacco con le femmine.Operaio alla Fiat era l'unico a possedere una 500 che, secondo lui, era meglio di un'alcova. Le domeniche pomeriggio, in estate, nel periodo di sosta estiva dei campionati, si era soliti incontrarci al bar ai piedi della collina torinese, sotto il Monte dei Cappuccini. Era principio agosto, Maurizio e gli altri tre campioni di rastrellaggio femmine, verso le 21, con fare misterioso, si erano sciolti dalla compagnia perché li aspettava un plurimo convegno amoroso. La noia del solito chiacchiericcio, poco dopo la dipartita dei maschioni, aveva convinto me e l'amico Renzo il meglio di una partita a bigliardo. Attraversato il ponte e piazza Vittorio, imboccata via Po eravamo sfociati in piazza Castello dove, all'angolo di via Roma, sotto il bar Combi, esisteva, forse esiste ancora, non lo so, una sala con 4 tavoli da bigliardo. 
Indovinate voi, chi avevamo sorpreso, impegnati lì, a disputare una sfida a goriziana?

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