sabato 5 settembre 2015

Due bambini, due vittime, una città: Kobane.

Ieri, con la mente, ero in viaggio verso Kobane, la cittadina al confine fra Siria e Turchia.
Di Kobana, mi ero occupato, tempo fa, quando pareva dover cadere nelle mani del Isis, da un momento all'altro. Idealmente, combattevo insieme ai Peshmerga ed alle meravigliose, coraggiose donne, che li fiancheggiavano. Fra queste, ne avevo due come Idolo. Entrambe, si erano dato la morte, piuttosto di cadere in mano ai fanatici, una, riservando a sé l'ultimo proiettile del suo Kalasnikov, la seconda con una granata fatta esplodere in mano. Da ieri, ho aggiunto due altri idoli da esporre sul mio altare laico, i fratellini curdi annegati a pochi metri dalla costa turca.Provenivano da Kobane, insieme a mamma e papà, cercavano di sfuggire la guerra e l'alta possibilità di morire per mano del Isis. Invece hanno trovato la morte dove cercavano la vita. Ho provato a immaginarmi il loro ultimo minuto quando, insieme all'aria, incominciava ad entrare nei polmoni, acqua marina. Erano inconsapevoli, forse, di cosa gli stava succedendo, ma il terrore sì, lo dovevano provare. In quel minuto, avranno tentato di urlare al soccorso, d'individuare se mamma e papà erano lì con loro, poi il nulla, e in quel nulla mi sono sentito anch' io.

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